IL TRIBUNALE

    All'udienza  del  25  novembre  2002  ha  pronunziato la seguente
ordinanza  nel procedimento penale nei confronti di Jbishi Ajhas nata
a  Elbasan (Albania) il 1 gennaio 1982 attualmente detenuta presso la
Casa  circondariale  Vallette  di  Torino difesa di ufficio dall'avv.
Vinci  Grazia  del foro di Torino sottoposta ad indagini per il reato
di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla legge n. 189/2002.
    Alle  ore  03,00 del 24 novembre 2002 la straniera sopra indicata
veniva arrestata nella flagranza del reato suddetto, perche' sorpresa
nel  territorio  nazionale  dopo  la  scadenza  del termine di cinque
giorni  entro  cui  le  era  stato  imposto dal questore di Torino di
lasciare  il  territorio  dello  Stato;  la  stessa  e'  stata quindi
presentata  a  questo  giudice  per  la  convalida dell'arresto ed il
successivo giudizio direttissimo, ex art. 14 cit., comma 5-quinquies.
    L'arresto   risulta   essere   stato  eseguito  in  presenza  dei
presupposti  richiesti  dalla  legge,  onde  potrebbe procedersi alla
convalida  dello  stesso. Ritiene tuttavia il giudicante che la norma
di   cui  all'art. 14,  comma  5-quinquies  legge  n. 286/1994,  come
modificata  dalla legge n. 189/2002, sia viziata perche' in contrasto
con  alcune  disposizioni  costituzionali nella parte in cui prevede,
per  il  reato  di cui all'art. 14, comma 5 l'arresto obbligatorio in
flagranza,   onde   si   profila   una   questione   di  legittimita'
costituzionale che appare rilevante e non manifestamente infondata.

                   Sulla rilevanza della questione

    La  questione  e' rilevante (ancorche' l'arrestata debba comunque
essere  rimessa  in  liberta'  per  mancata  convalida nei termini di
legge,  in  seguito  all'eccezione  di illegittimita' costituzionale)
perche',  come  stabilito  dalla  Corte costituzionale nella sentenza
n. 54/1993,  la  stessa  e'  volta  a  determinare  se la liberazione
dell'arrestato   debba  considerarsi  conseguente  alla  applicazione
dell'art. 391, settimo comma, c.p.p., ovvero, piu' radicalmente, alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale l'arresto e' stato eseguito.

          Sulla non manifesta infondatezza della questione

    Il   disposto   dell'art. 14,   comma   5-quinquies,  del  d.lgs.
n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in
cui   introduce   nell'ordinamento   una  nuova  ipotesi  di  arresto
obbligatorio  in  flagranza, pare confliggere con alcune disposizioni
costituzionali.
    1. - Violazione dell'art. 3 Cost.
    La previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza in relazione
ad  un  reato  di  natura contravvenzionale e sanzionato con una pena
detentiva  di  modesta  entita'  (da  sei mesi ad un anno di arresto)
appare  in  contrasto con i principi di ragionevolezza ed uguaglianza
stabiliti dalla norma costituzionale in questione.
    Nell'ordinamento  vigente  l'art. 380  c.p.p.  prevede  l'arresto
obbligatorio  di  chi  sia  colto  nella  flagranza di un delitto non
colposo  per  cui  sia prevista la pena dell'ergastolo o quella della
reclusione  non inferiore nel minimo a venti anni, e quindi per reati
di  particolare  gravita'.  La  medesima  norma prevede poi l'arresto
obbligatorio   per   altri  reati,  puniti  con  pene  inferiori,  ma
caratterizzati  da  una  spiccata  pericolosita' sociale (tra cui, ad
esempio,  il  furto  in  abitazione  e  quello  con  strappo,  di cui
all'art. 624-bis  c.p.,  puniti con la pena della reclusione da uno a
sei anni).
    Tutti  i  reati  per  i  quali  e' imposto l'arresto in flagranza
hanno, inoltre, natura delittuosa, e sono dunque (anche per esplicita
dizione  normativa)  connotati  dall'elemento  psicologico  del dolo,
perche'  la  privazione della liberta' personale si giustifica, oltre
che  con  la  gravita'  del  fatto,  con  l'atteggiamento psicologico
dell'agente, consapevolmente volto alla violazione della legge.
    La   norma   della  cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita
(art. 14,  comma  5-quinquies del d.lgs. n. 286/1998, come modificato
dalla  legge  n. 189/2002)  contempla  invece  una ipotesi di arresto
obbligatorio in flagranza in relazione ad un reato contravvenzionale,
punito  quindi anche a titolo colposo (e si consideri che la condotta
stessa  sara'  nella  maggioranza  dei  casi  assistita dall'elemento
psicologico  della colpa, trattandosi di condotta di disobbedienza ad
un  ordine di allontanamento, quindi caratterizzata anche da semplice
negligenza),   per   il   quale  e'  stabilita  la  modesta  sanzione
dell'arresto  da  sei  mesi  ad  un  anno,  che  quindi risulta assai
difforme,  per natura e trattamento sanzionatorio, dai ben piu' gravi
delitti dolosi per i quali e' previsto l'arresto obbligatorio.
    Si configura pertanto una evidente ed irragionevole disparita' di
trattamento  tra  l'autore  del reato di cui si discute e l'autore di
altro  reato  contravvenzionale previsto dalla normativa vigente, per
il   quale  (anche  nei  casi  di  contravvenzioni  punite  con  pene
superiori, ad esempio, art. 678 c.p., art. 699 c.p., art. 51 comma 1,
lett.  b) d.lgs. n. 22/1997) non e' previsto ne' consentito l'arresto
in flagranza.
    La  irragionevole  disparita'  di trattamento emerge anche ove si
raffronti  la  norma in esame con quella - anch'essa introdotta dalla
legge   n. 189/2002   -   di  cui  all'art. 13,  comma  13-ter  legge
n. 286/1998,  il quale prevede l'arresto facoltativo in flagranza per
la  contravvenzione  di  cui  al  comma  13 dello stesso articolo. Si
tratta  di  contravvenzione di pari gravita' rispetto a quella di cui
all'art. 14,  comma  5-ter  (in  quanto  punita  con  la  stessa pena
edittale),  se  non  addirittura da ritenersi piu' grave, atteso che,
trattandosi  di  reingresso non autorizzato in Italia dello straniero
espulso,  la  condotta  e'  caratterizzata  da un necessario elemento
intenzionale,  sicuramente  piu'  pregnante che nel reato di cui all'
art. 14,  comma 5-ter, ove la condotta e' piu' che altro passiva; per
tale reato peraltro, il legislatore ha previsto l'arresto facoltativo
in flagranza, anziche' l'arresto obbligatorio.
    La norma in questione si pone pertanto in irragionevole contrasto
con  un  sistema legislativo dotato di coerenza interna in materia di
criteri  che  legittimano  la  privazione  della  liberta' personale,
nonche'  in  contrasto  con un'altra norma - introdotta con lo stesso
intervento  legislativo  -  prevista  nella  stessa specifica materia
dell'immigrazione clandestina.
    Benche'  il  legislatore  abbia  discrezionalita' nel determinare
quando  sia imprescindibile il ricorso alla privazione della liberta'
personale  dell'imputato,  e' pur vero che piu' volte la stessa Corte
costituzionale  ha  ritenuto  di  poter  valutare  la  ragionevolezza
dell'intervento  legislativo  in materia, con particolare riferimento
al   raffronto   ed   al   possibile  contrasto  tra  obbligatorieta'
dell'arresto  da  un  lato e tenuita' della pena edittale (e pertanto
lieve   entita'  del  fatto)  dall'altro,  giungendo  a  pronunce  di
illegittimita'   costituzionale   fondate  proprio  sulla  violazione
dell'art. 3  Cost. (sentenze n. 42/1973, n. 39/1970) ovvero giungendo
a  dichiarare  infondata  la  relativa questione, ma in seguito ad un
giudizio  di  ragionevolezza  della  disparita'  di  trattamento  pur
rilevata (sent. n. 126/l972).
    2. - Violazione dell'art. 13, comma 3 Cost.
    La  previsione  dell'arresto  obbligatorio  nella flagranza della
contravvenzione di cui sopra pare inoltre in contrasto con la riserva
di  legge imposta dall'art. 13, comma 3 Cost., il quale prevede che i
provvedimenti  provvisori  in  materia di liberta' personale adottati
dall'autorita'  amministrativa  possano  essere  previsti dalla legge
solo "in casi eccezionali di necessita' ed urgenza".
    Ora, nel caso di specie l'arresto obbligatorio di colui che abbia
violato  l'ordine  del questore di lasciare il territorio dello Stato
non  pare  provvedimento motivato da ragioni ne' di necessita' ne' di
urgenza,  apparendo  anzi  lo  stesso  addirittura  del tutto inutile
rispetto  alla finalita' ed alla ratio complessiva di tutto l'art. 14
d.lgs.  n. 286/1998 (ossia, agevolare l'allontanamento dal territorio
dello  Stato  di  coloro  che  sono stati attinti da provvedimento di
espulsione). Ed infatti:
        nell'impostazione   generale   del   nostro   sistema  penale
l'arresto  in  flagranza di reato e', come precisato sub 1), previsto
per fattispecie di particolare pericolosita' sociale e gravita' ed e'
fisiologicamente preordinato alla possibile applicazione da parte del
giudice  (proprio  in  ragione del suddetto giudizio di gravita' e di
pericolosita'   sociale)   di  una  misura  cautelare  nei  confronti
dell'arrestato. Unica eccezione in materia risulta essere la facolta'
(e  non  obbligatorieta)  di  arresto  prevista dall'art. 189 C.d.s.,
norma peraltro dotata di una sua ragionevole giustificazione, laddove
si consideri che, in caso di fuga a seguito di incidente stradale con
lesioni alle persone, la fisica apprensione del soggetto coinvolto e'
necessaria  ai  fini  di  impedire  a  costui  di  sottrarsi alle sue
responsabilita'  penali  e  civili. Nei confronti dello straniero che
non   abbia  ottemperato  all'ordine  del  questore  di  lasciare  il
territorio  dello  Stato  non e' invece consentita (ne' dal codice di
procedura   penale   ne'   dal   testo   unico   sulla  immigrazione)
l'applicazione  di  alcuna  misura cautelare, sicche' lo stesso, dopo
l'arresto  obbligatorio,  dovra'  essere  immediatamente liberato dal
giudice  che  procede  alla  convalida  dell'arresto (o meglio, ancor
prima,  dal  pubblico  ministero,  atteso  che  l'art. 121 disp. att.
c.p.p.  appare  applicabile  a maggior ragione ai casi in cui il p.m.
non solo ritenga di "non dover richiedere", ma addirittura ritenga di
"non    poter    richiedere",   per   espresso   divieto   normativo,
l'applicazione di misura cautelare).
        l'arresto  obbligatorio non puo' nemmeno ritenersi necessario
per   procedersi   al   successivo  giudizio  direttissimo  (previsto
obbligatoriamente  dalla  legge), atteso che l'instaurazione del rito
direttissimo  non  richiede  affatto  necessariamente  un  precedente
arresto  (obbligatorio  o facoltativo) in flagranza, ma piuttosto una
situazione  di particolare evidenza della prova (potendo, ad esempio,
essere  adottato  nell'ipotesi in cui l'imputato, mai arrestato e mai
detenuto,  abbia  confessato,  secondo  quanto previsto dall'art. 449
c.p.p.;  si  vedano anche i numerosi casi di direttissimo previsti da
disposizioni speciali).
        infine,  non  puo'  ritenersi  alcuna  necessita'  ed urgenza
dell'arresto   obbligatorio   in   relazione   ad  una  sua  presunta
preordinazione    alla    successiva    esecuzione    dell'espulsione
dell'arrestato,  con  il  suo accompagnamento alla frontiera. Invero,
l'autorita'  amministrativa  puo'  sempre  ed  in  qualunque momento,
autonomamente   dall'autorita'  giudiziaria,  eseguire  coattivamente
l'espulsione,  essendo tra l'altro previsto espressamente dalla legge
-  attraverso  l'istituzione dei centri di permanenza temporanea - un
meccanismo  tale  da  fornire alla stessa autorita' amministrativa un
periodo  complessivo  di  60  giorni  per  risolvere  le  difficolta'
pratiche    legate    all'esecuzione    del    provvedimento   stesso
(identificazione   dello   straniero,   acquisizione  dei  documenti,
reperimento del vettore, ecc.). Pertanto: nei casi in cui l'autorita'
di  polizia  ha  risolto  tali difficolta' pratiche ed e' in grado di
procedere all'espulsione, e' evidente l'inutilita' dell'arresto dello
straniero,  che  ha come unica conseguenza il procrastinare di alcune
ore    (attesa    l'ineluttabile    sua   liberazione)   l'esecuzione
dell'espulsione stessa; nei casi in cui l'autorita' di polizia non e'
invece  in  condizione  di  allontanare  effettivamente lo straniero,
l'arresto  obbligatorio  (con  conseguente  stato di detenzione dello
straniero  per un periodo di durata non superiore ad alcune ore), non
agevola  di  sicuro  l'esecuzione dell'espulsione stessa, non essendo
pensabile   che  in  quelle  poche  ore  possano  essere  svolti  gli
adempimenti   che   non   si   sono  potuti  svolgere  in  precedenza
(considerandosi  tra  l'altro  che,  in  caso  di  arresto, la stessa
autorita'  di  polizia  sara'  impegnata,  anziche' al disbrigo delle
pratiche  amministrative  relative  all'espulsione,  al  disbrigo  di
quelle   finalizzate  alla  convalida  dell'arresto  ed  al  giudizio
direttissimo,  anche  considerandosi  la possibilita' di procedere al
giudizio direttissimo ex art. 558 primo comma c.p.p.).
    3. - Violazione dell'art. 97 Cost.
    La previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza del reato di
cui all'art. 14, comma 5-ter, citato appare anche in contrasto con il
principio  di buon andamento della pubblica amministrazione stabilito
dall'art. 97 Cost.
    Alla   evidenziata  inutilita'  pratica  di  tale  previsione  si
aggiunge,  infatti,  il notevole aggravio che ne e' conseguito per la
polizia giudiziaria, ora obbligata a procedere all'arresto (con tutti
gli   incombenti   conseguenti:   redazione  del  verbale  d'arresto,
informativa  alle  autorita'  diplomatiche  o  consolari, al pubblico
ministero, al difensore, conduzione in carcere, ecc...) ogniqualvolta
si  imbatta  in  uno  straniero che non abbia ottemperato al suddetto
ordine del questore.
    A    tale    aggravio    devono    aggiungersi    l'impegno   per
l'amministrazione  penitenziaria  (che  deve  curare le formalita' di
ingresso   in  carcere  e  le  successive  traduzioni  da  questo  al
Tribunale) e per gli organi giudiziari, gravati da ulteriori numerose
udienze  di  convalida  e dai susseguenti giudizi direttissimi, con i
conseguenti  costi,  tra  cui la quasi sempre necessaria nomina di un
interprete.
    Tale  dispendio  di  energie e risorse appare dunque, se posto in
relazione  alla  ineludibile liberazione degli arrestati (non essendo
possibile  l'applicazione  di  misure  cautelari restrittive nei loro
confronti),  non  razionale  e  priva  di adeguata giustificazione ed
appare,    dunque,   in   contrasto   con   il   suddetto   principio
costituzionale.
    Non potendo la convalida aver luogo nei termini improrogabilmente
stabiliti  dalla  legge,  l'arrestata  dovra'  essere  immediatamente
liberata, se non detenuta per altra causa.
    Attesa  la  liberazione  dell'indagata,  e visto l'art. 13 d.lgs.
n. 286/1998,  commi  3,  3-bis  e  3-ter, deve rilasciarsi nulla osta
all'espulsione  della  stessa,  non  ostandovi  inderogabili esigenze
processuali.